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Arresti contro i Comitati di Difesa della Repubblica. Accuse di terrorismo e ribellione.

La Guardia Civil e i Mossos d’Esquadra hanno messo in atto due operazioni distinte contro i CDR (Comitati per la Difesa della Repubblica Catalana) e contro altri manifestanti, arrestando otto persone. La Guardia Civil accusa due persone di ribellione e terrorismo in continuità con la strategia del governo Puigdemont. I Mossos hanno invece arrestato 6 persone per aver oltrepassato le transenne nel parco del Parlamento catalano nel giorno della sua investitura poi sospesa: sono accusati di aggressione alle autorità, disordini pubblici e disobbedienza.

I CDR sono stati oggetto di indagini da parte delle forze dell’ordine spagnole sin dal giorno del referendum del primo ottobre. Durante la Settimana Santa i CDR si sono resi protagonisti di interruzioni stradali e di occupazioni di caselli autostradali. Lo scopo politico dei CDR è quello di rivendicare la Repubblica Catalana e la liberazione dei prigionieri politici. Si sono resi responsabili anche dell’occupazione della stazione barcellonina di Sants e delle principali arterie della capitale catalana come la Diagonal e la Meridiana.

Nelle scorse settimane il tentativo di criminalizzazione dei CDR, e più in generale di tutte le espressioni politiche e sociali dell’indipendentismo, ha visto politici e rappresentanti istituzionali spagnoli descrivere le proteste e le manifestazioni come violente e terroriste, arrivando a comparare le forme di iniziativa catalane con la kale borroka, la guerriglia di strada, basca. Ma le differenze tra le forme di lotta sono profonde e l’accusa di violenza è chiaramente tesa a trovare un’improbabile legittimazione alle accuse penali di ribellione, che prevede 30 anni di prigione, nei confronti del presidente Puigdemont e dell’ex presidente del Parlamento Carme Forcadell.
Ad ogni modo le differenze più eclatanti tra le manifestazioni catalane e la kale borroka sono l’assenza di guerriglia urbana, l’assenza di materiali associabili alla guerriglia urbana come bottiglie molotov e oggetti contundenti atti a provocare lesioni, nessuna delle manifestazioni si è conclusa con atti violenti, assenza di clandestinità, azioni sempre pubbliche e preavvertite.

Tenendo conto di queste differenze sostanziali occorre ricordare che alla nonviolenza delle manifestazioni indipendentiste catalane lo Stato sta rispondendo con una più pesante repressione fisica dei manifestanti: i vari corpi armati, Mossos compresi, ora rispondono ad una linea di comando interamente spagnola e questo è ben visibile sia nell’atteggiamento in strada che nella durezza dei colpi di manganello, a volte indirizzati anche in parti del corpo vietate dal regolamento interno.

Xavier Garcia Albiol, presidente del PP catalano, ha ringraziato le forze dell’ordine per gli arresti mentre Ines Arrimadas, portavoce di Ciudadans, ha manifestato soddisfazione per il fatto che la polizia faccia indagini sulle attività dei CDR, “intollerabili in una democrazia”.

I CDR hanno emesso un comunicato in cui avvertono: “resisteremo a questo nuovo attacco, ne usciremo rinforzati e con più appoggio che mai. Questi arresti non fanno che rafforzare la nostra fermezza nel continuare la lotta. Lo Stato attua un’imposizione fascista, sequestra le istituzioni e arresta i politici”.

I partiti indipendentisti JxCat, ERC e CUP denunciano “l’autoritarismo dello Stato”, la “banalizzazione del terrorismo” utilizzato con leggerezza per ottenere fini politici, “l’indignante mancanza di rispetto verso le sofferenze delle reali vittime del terrorismo”, la “deriva dittatoriale” e la “intensificazione della repressione”.
Podemos, per bocca di Pablo Iglesias, ha affermato “manca solo che li accusino di aver sparato a Kennedy”.

Il vicepresidente di Omnium Cultural, Marcel Mauri, ha criticato gli arresti e ha twittato “la giustizia europea trova vergognosa dell’accusa di ribellione, quindi qui ora si inventano il terrorismo e lo banalizzano vergognosamente”.

La sfida più grande per l’indipendentismo catalano rimane la scommessa sulla nonviolenza, unica caratteristica che impedirà alla repressione dello Stato di dilagare definitivamente e che consentirà la crescita di un’opinione pubblica europea contraria all’impostazione repressiva della Spagna.

 


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