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La democrazia vendicativa degli Stati e la democrazia propositiva delle nazioni

Il 6 febbraio ricorre l’anniversario dell’uccisione del Prefetto di Corsica Claude Erignac nel 1998. Questa pesante pagina della storia recente ci dà occasione per un ragionamento in positivo sul nostro futuro come cittadini d’Europa.

Il Presidente della Corsica Gilles Simeoni ha scelto fin dal primo anno del suo incarico di presenziare alla cerimonia annuale in memoria del Prefetto in nome della sacralità della vita e del rispetto dovuto ai morti.

Anche i membri del Consiglio Esecutivo della Corsica, espressione della maggioranza nazionale còrsa, hanno partecipato alla commemorazione ispirati alla volontà di costruire la riconciliazione e la pace.

In un comunicato stampa il Presidente Simeoni scrive: “Questa partecipazione esprime la costanza e la sincerità delle nostre posizioni, sul piano umano come su quello politico. Ma questo non serva a legittimare la logica delle vendetta dello Stato applicata, a scapito del diritto, agli uomini condannati per la loro partecipazione all’omicidio del Prefetto né a legittimare il disprezzo con cui è stata finora data risposta alla nostra reiterata volontà di dialogo e alla scelta democraticamente espressa dai còrsi”.

Con questo comunicato il Governo nazionale còrso aggiunge un altro tassello al vasto mosaico dei momenti in cui l’indipendentismo e le forze favorevoli al diritto a decidere forniscono occasioni di approfondimento democratico ai pesanti Stati europei sempre più caratterizzati da tassi di democrazia insoddisfacenti e da una cultura del diritto sofferente e inerziale.

A poche ore dalla presentazione dell’emendamento-manifesto nel Parlamento spagnolo da parte di Esquerra Republicana de Catalunya e dalla pubblicazione della dura ma esemplare lettera del Governo catalano di Quim Torra al Governo spagnolo di Pedro Sánchez, anche dalla Corsica – l’Isola dei Lumi e della prima moderna Costituzione scritta – arriva l’ennesima conferma del fatto che le forze dell’autodeterminazione, progressiste e aperte al mondo, possono rappresentare l’unica via d’uscita allo stallo europeo, sia sul piano politico-istituzionale che socio-culturale.

Gli allori delle vecchie cosiddette ‘patrie europee dei diritti umani’ sono ingialliti da tempo. Ma i nuovi germogli democratici che partono dai territori delle nazioni senza Stato hanno tutte le potenzialità per riuscire a rinverdire l’Europa.

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