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L’indipendentismo ha resuscitato il franchismo, sostiene l’ex vicepremier PSOE Guerra

In Spagna la destra del PP, di Ciudadanos e di Vox organizza manifestazioni contro il primo ministro socialista Pedro Sánchez accusato di tradimento per aver accettato il dialogo con gli indipendentisti catalani mediato da una personalità ancora da individuare.

Ma anche all’interno del PSOE crescono le voci contrarie al dialogo con i partiti catalani.

Utile per capire le dinamiche in corso all’interno del socialismo spagnolo questa intervista di El País ad Alfonso Guerra, ex vicepresidente del Governo negli anni di Felipe González, che accusa l’indipendentismo di aver risvegliato il franchismo. Ennesima testimonianza sia della criminalizzazione in atto delle legittime aspirazioni catalane alla libertà, sia dell’estrema debolezza del sistema politico e dell’identità democratica del Regno di Spagna.

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L’indipendentismo ha resuscitato il franchismo.

di Xosé Hermida, Madrid. El País.

Assicura che non lo toccano “né la nostalgia né il rancore”, confessa solo “un po’ di malinconia. Ma una malinconia letteraria”. Nelle parole di Alfonso Guerra (nato a Siviglia nel 1940) persistono sprazzi di sarcasmo, come echi di quel giovane politico che intimoriva per quanto era mordace. Ora definisce se stesso come “un osservatore della vita politica e sociale” che cerca di “ascoltare, leggere e riflettere”. “Rifletto molto sulle cose”, afferma. “Uno dei difetti del mondo moderno è che nessuno si ferma a riflettere, non c’è tempo”. Lui lo fa e lo scrive: La Spagna in cui credo (La Esfera de los Libros), un saggio in difesa della Costituzione dall’indipendentismo.

È un libro combattivo, dà la sensazione che la Spagna stia vivendo un momento molto serio.

“In effetti, il libro nasce da una preoccupazione rispetto al rischio per la Spagna e per l’Europa. Sembra che siamo tornati al 1945, con qualche problema degli anni ’30. Nel 1945 gli europei credettero di aver vinto per sempre il fascismo mentre ora vediamo comparire gruppi vicini al fascismo in tutta Europa. Siamo di fronte allo stesso bivio che negli anni ’30 ha visto protagonisti due grandi giuristi tedeschi, uno vicino al partito socialdemocratico, Kelsen, e l’altro ai nazisti, Schmitt: il dilemma tra la democrazia rappresentativa e la democrazia acclamativi – il leader e la massa -. Siamo nuovamente in questa situazione, nel populismo, nella demagogia”.

Lei si concentra sull’indipendentismo catalano, come se fosse un’esempio di questi fenomeni globali.

“Ora abbiamo anche Vox, ma la rottura dell’ordine democratico l’hanno interpretata gli indipendentisti catalani. E davanti a questo fatto non è possibile far finta di niente. Anche in Spagna abbiamo una tradizione un po’ autodistruttiva e se una parte vuole distruggere l’ordine costituzionale avremo altri che vorranno fare la stessa cosa, sarà contagioso”.

È rimasto sorpreso dalla crescita dell’estrema destra in Spagna?

“Lo stiamo vedendo in tutta Europa. Qui rinasce ora perché l’indipendentismo catalano ha resuscitato il franchismo”.

Vede del franchismo in Vox?

“C’è del franchismo nella nostalgia del passato, della dittatura. Questo già esisteva in una minoranza molto ridotta. Credo che continui a esserlo ma ora esistono gruppi che la rappresentano”.

Quando parla del PSOE attuale sembra che non si riconosca in esso.

“Io mi riconoscerò sempre nel PSOE perché è il mio partito. […] Voterò sempre il mio partito. […]”

Quale deve essere la risposta all’indipendentismo?

“Evitare che i fondi pubblici siano utilizzati per cose alla quali non sono destinati, come pagare enti privati che si adoperano a raccontare bugie alla gente per farla diventare sovranista. Controllare se c’è indottrinamento nell’educazione e far sì che i mezzi di comunicazione pubblici in Catalogna non stiano avvelenando la gente. Con queste tre cose si vince facilmente, in modo democratico, rispetto a posizioni che sono contrarie all’insieme dei catalani”.

Questo porta all’applicazione dell’articolo 155?

“Non ha senso. Si possono controllare le cose, nel senso di vigilare che rispondano alla copertura democratica della Costituzione. Quello che succede è che i democratici agiscono con una certa pigrizia in questo campo. Ma se c’è da applicare il 155 io non mi straccerò le vesti. Non è una condanna, è un articolo della Costituzione che, sicuramente, è stato approvato dal 100% della Camera”.

Il Partido Popular e Ciudadanos chiedono la sua applicazione permanente.

“Questa è una stupidaggine, la Costituzione non lo permette. Il PP lo chiede ora mentre loro lo hanno applicato per soli due mesi. Un po’ di moderazione: né due mesi, che fu poco, né permanente”.

Potrebbe essere una soluzione la proposta di elaborare un nuovo status per la Catalogna all’interno della Spagna?

“Il problema è che nessuno dice che questo è quel che vuole. Parlano di un nuovo Statuto che contenga quel che fu rifiutato dal Tribunale Costituzionale ma per fare questo prima c’è bisogno di cambiare la Costituzione. Sento tante voci che vogliono riformare la Costituzione… Ma nessuno dice ciò che vuole inserire o togliere. Io sono sostenitore del fatto che non bisogna parlare di riforma della Costituzione bensì di riforme nella Costituzione. Perché per la riforma della Costituzione non abbiamo i deputati necessari e penso inoltre che la nazione ne abbia bisogno”.

Vede qualche motivo di ottimismo nel confitto catalano?

“Non sono molto ottimista, ma neanche pessimista. Mi piacerebbe che ci fosse più determinazione nella politica spagnola. Il precedente presidente prese una decisione forte, applicare il 155, ma solo per due mesi e poi convocò subito elezioni. La Spagna risolve tutti gli inciampi, risolverà presto. Con pazienza, con determinazione – non ce n’è molta – e con intelligenza, che tantomeno tutti hanno”.

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