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Catalogna, la confusione tra governo effettivo e governo legittimo

Nei giorni scorsi gli apparati della giustizia spagnola hanno inabilitato il presidente catalano Quim Torra. Con questa decisione lo stallo istituzionale della situazione catalana arriva al punto finale, un momento simbolico che riassume plasticamente tre anni di impasse.
In questo editoriale il direttore di Vilaweb.cat, Vicent Partal, ci aiuta a fare il punto della situazione, legale, politica, sociale ed elettorale tra le responsabilità della repressione spagnola e quelle della confusione nell’azione dei partiti indipendentisti.


Bisogna accendere un nuovo fuoco dopo il fallimento dell’idea del “governo effettivo”.

“In futuro i catalani potranno decidere chi è il presidente della repubblica. Ma è chiaro che già ora i catalani non possono più decidere chi è il presidente della Generalitat”

di Vicent Partal

Editoriale del 28 settembre 2020 | Versione originale

 
IL 21 dicembre 2017 i cittadini catalani hanno votato. Eravamo all’indomani della proclamazione dell’indipendenza e del successivo colpo di Stato dell’articolo 155 (sospensione dell’autonomia). In un clima di pressione e repressione mai vissuto prima. E l’indipendentismo aveva vinto nuovamente. In maniera chiara.

I tre partiti repubblicani concordarono la rielezione del presidente Puigdemont ma tutti sappiamo cosa accadde: la Spagna minacciò il Parlamento catalano che quindi non osò votarlo. Così il presidente legittimo, confermato dai voti dei cittadini, semplicemente non fu proclamato. Era il 30 gennaio del 2018.

L’élite dei partiti, il sottogoverno e le sue molteplici appendici insistirono sul fatto che ci fosse la necessità di formare quello che nelle loro dichiarazioni sarebbe dovuto essere un “governo effettivo” – in contrasto evidente con il “governo legittimo” stabilitosi in esilio a Bruxelles. Ci dissero con insistenza che era necessario un governo capace di gestire l’autonomia perché era imprescindibile e prioritario recuperare la sovranità e le istituzioni.

Questa pressione invece di rompere il gioco spagnolo in quello stesso momento, che sicuramente sarebbe stata la cosa necessaria, fece sì che i partiti tentassero di trovare un presidente che la Spagna, e tutti i suoi poteri, potessero accettare. Questo ci ha fatto entrare nel diabolico gioco nel quale siamo ancora. E che ci ha portato fino a qui.

Il secondo candidato proposto fu il prigioniero politico Jordi Sanchez. Ma, nuovamente, sotto le minacce giudiziarie, nel marzo del 2018 Sanchez ritirò la candidatura, visto che il Tribunale Supremo non gli permetteva di presenziare all’investitura. E non è stato potuto essere eletto presidente.

Il terzo candidato, ancora nel marzo 2018, fu Jordi Turull. La CUP non voleva dargli i suoi voti ma, per caso, con un chiarissimo gesto intimidatorio, la Spagna lo arrestò nel pieno della sessione di investitura. E non è stato potuto essere eletto presidente.

Infine, i sostenitori del “governo effettivo” decisero che bisognava eleggere un presidente che non potesse essere messo in relazione al referendum del Primo Ottobre, né al governo catalano che aveva proclamato l’indipendenza. E così Quim Torra, che era il numero 11 della lista elettorale e che non era militante del partito, assunse la presidenza.

Alcuni dissero che sarebbe finita lì. Che una volta ingaggiato il governo effettivo la repressione sarebbe finita e avremmo recuperato le libertà e il controllo delle istituzioni. Ma questo non è successo.

La Spagna ha deciso di fare ancora pressioni e di decidere anche chi doveva essere deputato e chi no. In questo senso fece in modo che tutti i prigionieri politici fossero inabilitati. Gli ultimi furono Junqueras, Romeva, Forcadell, Jordi Sanches, Jordi Turull i Josep Rull, nel maggio 2019.

La scena si ripeté, se qualcuno non avesse capito bene: il parlamento spagnolo annullò il voto dei cittadini e spogliò anche della condizione di parlamentari a Madrid Oriol Junqueras, vincitore delle elezioni in Catalogna, Josep Rull, Jordi Turull i Jordi Sanchez, come Raul Romeva che era il senatore più votato.

E lo fece di nuovo, poco dopo, al Parlamento Europeo. La Spagna non è riuscita a impedire che Puigdemont, vincitore delle elezioni, Toni Comin e Clara Ponsatì, membri del governo legittimo, fossero deputati. Ma è riuscita a impedire, e lo fa ancora sfidando le leggi europee, che lo fosse Oriol Junqueras.

Il terzo anno di legislatura è iniziato nel gennaio di quest’anno. Già in piena crisi a causa della difesa dei prigionieri politici fatta dal presidente Torra. Il parlamento, nuovamente sotto pressione della giustizia, ha ritirato la condizione di deputato al presidente Torra, dopo che tutti i partiti politici affermarono propagandisticamente che lo avrebbero difeso sempre e comunque.

Ieri, infine, il Tribunale Supremo spagnolo ha ritirato a Torra la condizione di presidente in carica.

Lo ha fatto nella stesso giorno in cui ha confermato che Puigdemont, Comin e Ponsatì non sono deputati europei (?!). Lo stesso giorno in cui si è saputo che JOrdi Pesarrodona è stato condannato a un anno e mezzo di inabilitazione per aver indossato un naso da pagliaccio vicino ad una Guardia Civil. Lo stesso giorno in cui due cittadini sono stati processati per aver protestato nei pressi di un evento organizzato da Ciudadanos. Lo stesso giorno in cui il governo progressista spagnolo ha inviato quattrocento agenti antisommossa in Catalogna nonostante i Mossos abbiano tutte le competenze sull’ordine pubblico.

Tutto questo è successo tra le nove del mattino e le due del pomeriggio.

Nel pomeriggio, nel suo discorso, il presidente Torra ha ripetuto il concetto di aver capito che uno degli ostacoli rispetto all’ottenimento dell’indipendenza è l’autonomia. E’ estremamente importante che questo aspetto sia riconosciuto da un presidente. E ha posto in evidenza un numero per sostanziare questa repressione che tocca anche lui stesso: in questo momento ci sono 2.850 persone minacciate in Catalogna, coinvolte in processi della giustizia spagnola, per il fatto di essere indipendentiste.

Questo è il riassunto di tutto quel che è successo e di dove ci ha portato la proposta del “governo effettivo”.

Quindi c’è da accendere un nuovo fuoco.

I partiti indipendentisti, le élites del movimento e il presidente Torra hanno continuato a dire anche ieri che la risposta a tale aggressione deve essere votare alle prossime elezioni che si terranno in gennaio o in febbraio. Votare in massa per l’indipendenza. Aggiungendo che il fatto di superare il limite del 50% dei voti popolari, se si supererà – cosa che si ritiene possibile – comporterà un salto in avanti notevole che obbligherà al cambiamento.

E’ difficile da credere. Per me è molto difficile credere che il voto da solo possa servire a qualcosa. Ma sono disposto ad accettare che una grande vittoria elettorale possa essere una scusa, un momento utile, per cambiare il ritmo. Ora, come si può realizzare questo cambio con gli stessi politici e gli stessi partiti che hanno ottenuto questo calvario di tre anni, degradando la dignità delle istituzioni catalane fino all’estremo che abbiamo vissuto ieri?

In questo senso, se le elezioni sono così importanti come dicono ora, se vogliono convincerci che saranno qualcosa di più di una battaglia controllata tra loro per l’egemonia interna al governo, se vogliono spronarci a parteciparvi, bisogna che i tre partiti indipendentisti inizino a parlare chiaro. Tutti e tre, quattro, cinque, o quanti saranno. E sopratutto serve che smettano di usare slogan vuoti come ormai già allora sapevamo fosse quello del “governo effettivo”.

Che ci spieghino chiaramente cosa significano le loro parole perché ieri suonavano, tutte, vuote e retoriche. Che ci spieghino quali piani hanno, qual è il vero piano, che non sia di nuovo il “governo effettivo” una volta che li avremo votati. Che ci spieghino come, dopo tre anni di fallimento e delusione, pensano di recuperare quel che ci hanno messi d’accordo a chiamare “la tempra del primo ottobre”. Che ci dicano come pensano di evitare che passiamo i prossimi quattro anni continuando a dissanguarci, morsi dalla repressione spagnola e delusi dall’incapacità e la poca responsabilità dei politici indipendentisti.

Forse pensano che andremo a votarli, volenti o nolenti, perché l’alternativa è molto peggio. E giocano con questo. Ci fanno ricatti con questo. Ma farebbero bene a rendersi conto che non può esistere una nuova legislatura come questa perché né loro, né gli apparati, né il sottogoverno, né i rivoli di tutti i tipi che nascono da Junts, Esquerra, CUP e tutti gli altri potranno resistere.

Non si può proseguire così, bisogna cambiare scenario totalmente e avanzare velocemente fino al sostanziamento della repubblica. In modo imperativo. Ora sappiamo senza ombra di dubbio che quando è necessario i catalani possono decidere liberamente e in pace, nell’uguaglianza, chi è il presidente della repubblica. Ma è altrettanto chiaro che mai più i catalani potranno decidere liberamente e in pace, tutti nell’uguaglianza, chi è il presidente della Generalitat.


(Editoriale di Vicent Partal, direttore di Vilaweb. Traduzione di Franciscu Pala)

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