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Elezioni Nuova Caledonia, gli indipendentisti mancano la vittoria di un soffio e avanzano di un seggio

Appena sei mesi fa il FLNKS (Fronte di Liberazione Nazionale Kanak e Socialista della Nuova Caledonia) perse il referendum sull’indipendenza con il 43,3% ma la positività nel campo indipendentista lasciava sperare in una avanzata elettorale nelle elezioni “provinciali” per il rinnovo dell’assemblea locale che si sono tenute domenica 12 maggio 2019.

Effettivamente gli indipendentisti hanno conquistato un nuovo seggio ma la maggioranza nel Congresso rimane ancora unionista.
Secondo i dati provvisori gli unionisti sono riusciti a vincere per un soffio, 51,8%, quindi mantengono la maggioranza in parlamento, perdono un seggio e subiscono un deciso riequilibrio interno a favore dei settori di destra che hanno surclassato l’unionismo moderato favorevole all’autonomia.

In una nazione classificata persino dall’ONU come facente parte delle ultime 17 colonie del mondo e in cui solo il 39% della popolazione si definisce nei censimenti come Kanak i risultati del referendum e delle elezioni vanno comunque letti come fortissimi sintomi di unità del popolo nativo caledone.

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Un piccolo quadro storico-politico

La Nuova Caledonia, lontana 17 mila chilometri da Parigi, entra a far parte dello Stato molto recentemente rispetto ad altre colonie francesi, nel 1853. Le Antille e La Réunion, ad esempio, sono state acquisite nel 1625 e nel 1649.

Quando gli europei arrivano sulle isole caledoni incontrano la civiltà Kanak, presente nell’arcipelago da almeno tremila anni. In poco tempo i nativi sono decimati sia dalle malattie importate dagli invasori, sia dalla violentissima repressione delle loro incessanti rivolte. Tra il 1866 e il 1921 la popolazione nativa passa dai circa 45 mila abitanti a 27 mila, praticamente dimezzata.

Al contrario i coloni francesi passano da zero a 18 mila, colonizzano le zone più produttive e pianeggianti e relegano i nativi in riserve che occupano 1/10 del territorio.
Alla fine della Prima Guerra mondiale mentre le altre colonie chiedono l’annessione allo Stato francese la Nuova Caledonia è letteralmente divisa in due comunità: i nativi e i coloni.

Lo sfruttamento del nickel, di cui la Nuova Caledonia possiede un quarto della disponibilità mondiale, trasforma l’arcipelago nel dopoguerra in una sorta di eldorado francese. Lo Stato vara misure fiscali che rendono molto appetibile il trasferimento in Nuova Caledonia: ulteriori 40 mila persone, tra francesi metropolitani e polinesiani, sbarcano nelle isole.

Per la prima volta nella Storia i Kanak diventano minoritari nel 1969. Da quel momento in poi, nonostante il dialogo e gli accordi tra Stato e Nuova Caledonia per un riequilibrio a favore dei nativi, la pressione coloniale non è diminuita, tanto a livello culturale quanto sul piano politico. Un dato per tutti: la popolazione sopra i 14 anni che frequenta studi superiori è il 26% dei non nativi contro il 4% dei Kanak.
Lascia pensare anche l’ambivalente presenza di tre corpi elettorali distinti in Nuova Caledonia: la lista elettorale generale per le elezioni statali (210 mila elettori), la lista elettorale speciale per la consultazione referendaria (174 mila) e la lista elettorale speciale per le provinciali (169 mila).

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Cerca nel sito gli altri articoli sulla Nuova Caledonia, sono presenti articoli di archivio sugli accordi di Nouméa, sul referendum e sul mancato processo di decolonizzazione.

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Fonti: ONU, Le Monde, Le Figaro, Libération, Governo Nuova Caledonia, FLNKS, Le Point.

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